una stella naufragata
s’è addormentata
sulla spiaggia
sui comignolia
e le banderuole
vagiscono i sogni
la brezza pigola
in un nido di barche
la luna come
un vecchio pescatore
fuma la pipa in cima
all’eucalipto
l’amore e la poesia
sollevano gli uomini
senza saperlo
come una piuma
*
guardo allo specchio
il mio volto
con la barba incolta
sulla fronte e le guance
le rughe sono mandrie
che transumano
verso i pascoli di marina
sboccia qualche papavero
tutto è diverso
è passato il tumulto
del tempo
resto uguale solo io
gli zigomi sono estuari
di lacrime
i torrenti dopo
tanto scorrere d’acque
non so se
mi porteranno a casa
*
vagola una stella
dietro le nuvole
dicembre tesse
il suo mantello
con fili di pioggia
per la campagna
è fresco l’aroma
dei cipressi
come nell’infanzia
le serate
intorno
all’albero di natale
*
sono il reduce
di una guerra
che non è tornato
sono presente
assente
quello che attende
davanti alla tua porta
aperta
e tu non vedrai mai
sono il sangue
che dà vita alle rose
del tuo giardino
sono la canzone triste
della noira
sono la farfalla
ondeggiante
che ti sfiora i fianchi
la brezza che muove
una ciocca sulla tua fronte
io sono
quello che ti prende
per mano e ti guida
tra le ombre della notte
che ti fanno paura
io sono
in attesa del ritorno
voglio vedere con te
la nostra immagine
*
sono io quello
che quando dormi
entra nel tuo giardino
e ruba le rose
che hai annusato
le briciole dei brividi
sulle tue labbra
io sono
l’orlo della tua gonna
l’orlo del marciapiede
dove cammini
l’ombra che fugge
dai tuoi passi
quando passeggi
sotto le palme
quello che ha piantato
rovi e ortica intorno a te
perché nessuno si avvicini
sono quello che non sa
dirti “ti amo”
perché ho paura
di non esistere in te
*
sono d’oro
i campi mietuti
gli ulivi
dalla barba azzurra
si chiedono
dove finiscono
i tramonti
un meticcio abbaia
alla ruota del sole
che rotola lentamente
come un carro
in fiamme
verso il mare
il vagabondo
attraversa il maggese
con la sua canzone
triste
i vecchi muri
della casa
che la sanno a memoria
le fanno il coro
*
non voglio perdere
il tuo profilo di marmo
né la polena del tuo petto
che taglia le tempeste
sono il pescatore
di coralli
che conosce il fondo
ho trovato il tuo bronzo
fuso dalla mia anima
in una nave naufragata
mille anni fa
non voglio essere
il tronco abbandonato
dalla marea sulla tua rena
voglio che i miei rami
tornino in boccio
nella tua primavera
Emilio Paolo Taormina nasce a Palermo nel 1938. Sue opere sono state tradotte in albanese, armeno, croato, francese, inglese, portoghese, russo, greco, tedesco, spagnolo. Ha pubblicato molti libri di poesia e sei romanzi.
Tra le sue ultime pubblicazioni: Archipiélago (ed. Plaza & Janés 2002), con testo a fronte spagnolo di Carlos Vitale; Lo sposalizio del tempo (edizioni del foglio clandestino 2011); Le regole della rosa (edizioni del foglio clandestino 2014); La cengia del corvo (edizioni del foglio clandestino 2016) e con testo a fronte spagnolo di Carlos Vitale (ed. peccata minuta 2016) e con testo a fronte in armeno di Hiacob Symonian (Erevan 2016); Cronache da una stanza (ed. l’arciere del dissenso 2017); Gelsi neri (ed. la linea dell’equatore 2018); Parnassius apollo (ed. l’arciere del dissenso 2018); Il giardino dell’elleboro (ed. la linea dell’equatore 2019); Il sorriso del tulipano (Giuliano Ladolfi Editore 2020).
Dopo Il fonografo a colori (ed. Siculiana 1970), ha pubblicato molti quaderni e libri con il logo l’arciere del dissenso e la Forum quinta generazione di Giampaolo Piccari.