Attraverso la poesia cerco di accordare la mia anima al respiro del mondo, alla sua intima, profonda musicalità, armonica o dissonante che sia. Più che ricerca dl un senso, dunque, essa è uno strumento che, in qualche eletta circostanza, ci permette di trasformarci in una sorta di cassa armonica dell’universo, interno ed esterno al nostro io, che così può finalmente allentare i confini del proprio rigido spartito individuale.
È per questo che credo che la poesia debba essere prima di tutto musicalità, suono prima che parola. Per la stessa ragione ritengo però indispensabile anche la ricerca di una struttura metrica in grado di esaltarne la dimensione fonetica: un po’ come una melodia, che è anche – certo non solo – l’insieme delle singole battute, costruite con rigore matematico, che la compongono. In definitiva credo proprio che la poesia, come sosteneva Ceva, sia un sogno sì, ma fatto alla presenza della ragione.
Ho scelto per dimora la risacca,
l’eco, il giorno quando sfoca
lentamente ed è un riverbero
la luce mentre fugge via dai vetri,
si allontana dalle cose.
La lieve sfumatura che separa
i tuoi colori mi dà gioie
che non riescono mai a dirsi,
ma ogni sera ritornano alle orecchie
quasi fossero un bisbiglio.
Lo ascolto adesso e aspetto la mattina,
quando sogno intorno ai dubbi
e anche il mare si riposa;
farfuglia le sue storie irrealizzate
ma a riparo dalla noia.
Risacca
*
Mi strema il tuo silenzio di sirena
che non trama più i suoi canti
dalle rupi tra cui lascio
infrangere i disordinati salti
del mio viaggio di ritorno.
Non ho fornito cera ai marinai,
né le funi mi trattengono
dall’inseguire scie
di sogno, mentre suonano negli occhi
che proteggono la notte.
Eppure taci, all’orizzonte sordo
dalla pietra più lontana,
non soffi alcun naufragio
e solamente osservi, forse, il timido
avanzare dei miei remi
verso le ombre del tuo mare.
Sordina
*
Il mare ha dondolato ogni altro dubbio
sollevandolo d’incanto
tra le creste d’onda e il cielo,
in questa estate senza cocci
di conchiglia da raccogliere
per farne collanine o per i giochi
dei bambini. Deserta la battigia
ci ha chiamato ogni mattina
a fare voto di silenzio
per guardare attenti il volo
dei pensieri tra le dune
che modellano il futuro.
Rimane solo un cruccio che nemmeno
il mare grosso potrà mai
pacificare e ci accompagnerà
d’inverno, tra le piogge
ed il ricordo d’una spiaggia vuota,
sola e che osservavi senza dire.
Cartolina
Alessandro Barbato (Roma, 1975) dopo la laurea in lettere, ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in antropologia sociale presso l’EHESS di Parigi dedicandosi allo studio dei rapporti tra
nuove scienze umane e letteratura, in particolare nell’opera di Michel Leiris e Pier Paolo Pasolini.
Ha pubblicato su tale tematica diversi saggi, in lingua italiana e francese, e una monografia. Ha pubblicato anche poesie su rivista, blog letterari e nel 2019 la silloge “Il fiore dell’attesa”, confluita nel 2020 nella raccolta “Solamente quando è inverno”, pubblicata in formato ebook da Ali Ribelli Edizioni. Nel 2022 ha visto la luce la sua ultima raccolta di versi, “La mimica dei mondi (qualche poesia fuoritempo)”, edita da Controluna – Edizioni di poesia.
Attualmente insegna materie letterarie presso le Scuole Ebraiche di Roma.