la-giusta-inclinazione

dalla prefazione di Felicia Buonomo

“Accogliere con il termine colpa e avvolgere il lettore con la negazione della resa. È quello che leggiamo al principio del nuovo lavoro poetico di Paola Setaro, voce delicata e mai casuale (nelle sue scelte) nel panorama contemporaneo. Perché le parole e la loro sequenza, danno il senso di un testo che sia concepito per il lettore. E solo il vero poeta ha questo sguardo sull’Altro, per quanto il «canto» nasca sempre dalle personali viscere e dai suoi movimenti. Risiede in questa traslazione «io/Altro» il lavorio dell’autrice, che si sottrae per farsi testimonianza. Setaro possiede questa profonda e altruista visione della scrittura. Abita in questa città dell’Altro la sua potenza, che tuttavia mai colpisce; non è un pugno chiuso il suo dire, è una mano aperta sugli universi che ci governano, che caoticamente ci abitano. E allora la scrittura sa dirci come si è mosso il corpo, per definire il senso dell’immateriale” …

In ogni sussurro sento già l’addio
l’eco della mia voce è musica dissolta.
Qualcosa dopo di me verrà ancora,
non incolpatemi.

*

La voce urgente dell’infanzia
non conosce la giusta compostezza
eppure si inoltra – tagliente –
come avesse una meta,
fino a riconoscersi nel tacere.

*

Dalla cucina vedevo la collina,
si aprivano su di me schianti di rami,
foglie di velluto mi sfioravano.
Un mondo diverso – al di là del vetro –
poteva esistere.

*

Cercherai di reclamare la mia presenza
nell’insensato rumore dei rami,
tu che credi alla preghiera delle parole
e non sai che il segreto è questo:
trovare la giusta inclinazione in quell’ora vuota,
lì dove si cominciano a nominare le cose.

Dal saggio Dare vita all’infanzia tra le macerie del mondo: la maternità del linguaggio nella poesia di Paola Setaro di Chiara Portesine

La giusta inclinazione è un’opera femminile. Non nell’accezione imparaticcia di un libro confezionato da una scrittrice donna per un pubblico di donne, in una sorta di oligarchia dello spirito (di genere). Paola Setaro non scrive rivolgendosi alle «dilicate donne» paternalisticamente evocate da Boccaccio nel Decameron – lo stereotipo della lettrice che rischia sempre di trasformarsi, a seconda delle epoche, in una Musa vagamente alfabetizzata (immateriale, emotiva e piena di estatico stupore) oppure in una pericolosa strega para-femminista. Una via di mezzo tra Liala e Simone de Beauvoir. Setaro si serve, invece, di alcuni contenuti femminili per sottoporre la propria contronarrazione alla verifica di un uditorio a cui non chiede alcuna forma di adesione empatica o ‘sorellanza’ aprioristicamente ideologica. Il femminile rappresenta un mattone di costruzione (linguistico, immaginativo e iconografico) piuttosto che una cornice entro cui rinchiuderne, a posteriori, il sovrasenso.
Guardando intanto alla superficie del macrotesto, il libro si struttura come una dialettica aperta tra nove tavole grafiche e trentaquattro componimenti ‘lineari’. Una prima avvertenza: le immagini – poesie visive (o, meglio, collage verbali) realizzati giustapponendo fotografie, dettagli pittorici di quadri e pagine di lettere private utilizzate al posto del tradizionale sfondo monocromo – non hanno alcuna valenza ornamentale o illustrativa. Si tratta di documenti semiologici del tutto paritari, che danno forma a un icono-romanzo epistolare abitato quasi interamente da donne, sebbene ritornino con una certa regolarità altri elementi agglomeranti tra testi e immagini – ad esempio, i ritagli degli uccelli nella quarta tavola, a cui sembra rispondere l’identificazione ‘animalizzata’ della narratrice («Per il resto ero un uccello che sbatteva sui vetri, | ignorando testardo la barriera», XIII, vv. 6-7).
Non si tratta, però, di una Città delle donne felliniana, amministrata dalle Vestali di un maschile rinnegato (ma ingombrantissimo), e neppure del tiaso autarchico di Saffo. Quali significati verrà concretamente ad assumere, dunque, questa «poesura e pittria» del femminile (secondo una felice definizione di Corrado Costa)? Proverò a suggerirne alcuni ‘smontando’ l’epigrafe che accoglie il lettore nell’anticamera del volume, tratta da una poesia della scrittrice portoghese Maria Teresa Horta, in cui ricorrono quattro parole-chiave della raccolta di Setaro: «infanzia», «palpebre», «mistero» e «demolizione». [ … ]

https://www.edizionilagru.com/scintille/280-la-giusta-inclinazione-9791280204363.html


Paola Setaro è dottore di ricerca in Storia dell’arte e docente di Lettere. Autrice di saggi storicoartistici, ha pubblicato il libro di poesie e foto Non potevo metterci anche l’orizzonte (La Gru, 2019), mentre nel 2020 il racconto Il mare è di stoffa è stato ospitato nel volume Racconti Campani. Recentemente ha pubblicato con Marco Rinaldi il libro fotografico Atlantique. Frammenti di un sentimento oceanico (Eretica edizioni). Finalista al Premio Speciale Fotografia al Femminile di Roma Fotografia, ha esposto presso la galleria Bresciani Visual Art.

collage setaro