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Foto di Lino Verdicchio

“Forse vi sono momentini minuscolini di felicità, e sono quelli durante i quali si dimenticano le cose brutte. La felicità, signorina mia, è fatta di attimi di dimenticanza”.
Antonio De Curtis – Totò (dall’intervista di Oriana Fallaci).
E dimenticare i drammi è una delle esperienze che non può fare a meno della collaborazione tra corpo e mente, tra corpi e corpi, uniti nell’idea che il corso degli eventi possa per una volta girare bene.
Alcuni accadimenti, senza spiegazione o senza nesso alcuno con la realtà presente, risolvono un grumo di incertezze e definiscono un nuovo ordine per il futuro. Questo rinnovamento è raro ma si innesca, probabilmente, nelle situazioni in cui la casualità, che si manifesta particolarmente benevola e propizia, viene accolta e forgiata secondo le necessità umane. Un’attività di adattamento – virtuosa – propria dell’uomo.
Ma, molto più spesso, accade che arrivino piccole scosse di gioia a ristabilire la strada imboccata e dissestata, come per una grazia degli dei, in una giornata in cui si sentono benevoli e tranquilli.
L’uomo gioisce, distaccandosi da quanto tratteneva in mente fino a quel momento, fa esperienza dell’armonia perfetta, volge le spalle al miracolo e, proprio in questo momento, il miracolo sparisce per manifestarsi altrove, finito il suo compito veloce e transitorio in cui per un momento ha brillato e si è mostrato come possibile e reale.

Prodig(i)o

Parliamo del prodigio
e del prodigo, una radice
tolta alla terra e una lettera d’inciampo:
un prodigio è un prodigo perfetto
fulminante pane stellato
ricetta infinita di doti
così ignote prima, così remote
e regni, un posto regale
una religione tutta
e un cratere che sorregge
col suo fuoco.
Un assalto che non finisce più
un tendine teso per il salto
la tentazione, intima, di vederlo
continuare per sempre.
Ma il prodigio è prodigo tutto per sé,
dispone il lampo del miracolo
e prende una sua via diritta
e leggera,
quasi sempre nel momento
in cui ridiamo e piangiamo
per quel che porta e lascia
accanto a noi,
proprio quando ci stringiamo per lui
dandogli le spalle
– immense e illuminate –
nel mentre del suo volo.


Anna Ruotolo ha pubblicato Secondi luce (LietoColle 2009, nota a cura di Elio Grasso), Dei settantaquattro modi di chiamarti (Raffaelli 2012, prefazione di Gianfranco Lauretano), Telegrammi/Telegramas, poesie bilingue italiano/spagnolo (’Roundmidnight 2016, traduzione a cura di Jesús Belotto, postfazione di Giovanna Rosadini) e Le stelle dormono a nord, raccolta di brevi racconti (Fara Editore 2021).
È presente in varie antologie poetiche, si segnala: La generazione entrante. Poeti nati negli Anni Ottanta (Ladolfi 2011, a cura di Matteo Fantuzzi e con una prefazione di Maria Grazia Calandrone).
Suoi testi sono apparsi in «Poesia» di Crocetti, «Capoverso», «Poeti e Poesia», «Italian Poetry Review», «Gradiva» (con una introduzione di Giancarlo Pontiggia), «La Clessidra», «UT» e in blog e magazine online.
Un testo tradotto in spagnolo da Jesús Belotto è pubblicato nel num. 4 della rivista internazionale «Poe +» e alcuni testi tradotti in rumeno, a cura di Eliza Macadan, nella rivista «Poezia», poi confluiti nell’antologia LIDO uscita in Romania per i tipi di Editura Eikon di Bucarest, che riunisce le poesie di alcuni poeti italiani contemporanei. Ha collaborato, scrivendo recensioni, con le riviste «Poesia», «Atelier», «La Clessidra» e con blog letterari.