ADRIANA TASIN DELLA POESIA DICE
La poesia mi è “accaduta”, così come accade nella vita di imbattersi in qualcosa che si è intravisto, amato, e perso di vista per moltissimi anni.
Una porta appena schiusa, una luce, una persona china alla scrivania: io adolescente. Sono i primi anni ’70, ho una macchina da scrivere che è appartenuta al nonno materno, una Olivetti lettera 22, ma ciò che scrivo rimane su fogli sparsi, gettati via o infilati tra i libri e i quaderni di fisica e matematica. Discipline scientifiche imposte dal fatto che, abitando in un paese di montagna e avendo mio padre scartato in partenza l’idea di assecondare la mia vena creativa e mandarmi in città per fare il liceo artistico, non ho molta possibilità di scelta se non quella di iscrivermi alla sede staccata del liceo scientifico Galilei, appena approdato in paese. E qui sta un altro problema: senza alcun mezzo di comunicazione social, con chi posso condividere il mio interesse poetico nascente? A scuola i miei insegnanti pensano che io abbia troppa immaginazione quando scrivo, a volte mi spingo nell’interpretazione della poetica di alcuni autori, azzardo, e loro mi ricordano che è opportuno rifarsi maggiormente alla critica, fare citazioni delle fonti. Penso abbiano ragione. “Lascia stare, fai altro”, mi dico. E così per quarant’anni lascio stare la scrittura. Non scrivo più nemmeno poesia. Che poi forse non era nemmeno poesia, era passione.
Quindi il seme della poesia sta in uno stato di quiescenza e non dà segni di vita per decenni. La vita nel frattempo sedimenta, stratifica. Ma non è tempo perso e vuoto, è tempo necessario. Torno, avanti con gli anni, a occuparmi di scrittura, scrivo racconti, leggo molta prosa, inizio la stesura di un romanzo storico ed è lì che nascono spontaneamente dei versi, inaspettatamente, tra un capitolo e l’altro. Li osservo con curiosità: «E voi da dove arrivate?»
Ma i versi pongono solo domande, non sono soliti dare risposte. Sollevano dubbi, scavano, inquietano, inventano, sovvertono l’ordine e la logica della prosa. Mi impongono di fermarmi a riflettere, di essere utilizzati per una ricerca interiore (che avviene soprattutto nel libro di esordio “Il gesto è compiuto”, puntoacapo Editrice) e per una ricerca ad ampio raggio, che guardi al mondo, alla sua storia, alle altre persone (“Fatti reali immaginari”, Arcipelago itaca Edizioni). Ci sono gesti che ci appartengono e restano, scrivevo con la macchina da scrivere e ora scrivo al computer, la ripetizione è qualcosa di rassicurante. Non scrivo mai a mano, e questo mi dispiace, ma prendo atto che preferisco vedere i caratteri di stampa sul foglio, è come se così ne avvertissi maggiormente il senso, si ampliasse lo spazio. Le parole hanno bisogno di spaziature bianche, nitide. Deve essere un retaggio degli studi scientifici, mantenere una certa geometria, disegno, visione. Eppure si dice che sia vero il contrario, che il gesto di scrivere a mano attivi maggiormente le capacità creative.
Riprendo qui un concetto già esplicitato in una mia dichiarazione poetica rilasciata a larosainpiù in occasione della pubblicazione di tre miei inediti il 23 dicembre 2021:
“Ciò a cui mi fa pensare la poesia è che attraverso le parole si possa agguantare l’impossibile. È evidente che non ci si riesce, ma resta comunque l’impressione che la faccenda sia lì, a portata di mano, e allora si ritenta, in una sorta di loop che avvolge e trascina dentro una nuova dimensione.” Da parte mia c’è nella scelta delle parole una tensione continua, il tentativo di cercare l’introvabile via di accesso all’invisibile mondo, di percorrere canali spirituali per nominare ciò che non può essere nominato, di ricongiungere il sé individuale al Tutto. Più mi addentro in questa ricerca e più i canali sembrano moltiplicarsi e disporre su piani diversi, come bastoncini di Shangai. Sento la necessità di cura e cautela, di meditare, di affinare la capacità di ascolto del silenzio.
LA SUA POESIA CI DICE
*
Da Il gesto è compiuto (puntoacapo Editrice, gennaio 2020)
Siamo piccoli arcieri
Siamo piccoli arcieri
che puntano all’altrove.
La faretra da cui caviamo i dardi
è la memoria.
Seduti i morti ancora
accanto ai loro vivi
in uno scintillamento breve.
Appuntamento che non vogliamo rimandare.
*
Da Fatti reali immaginari (Arcipelago itaca Edizioni, maggio 2022)
Su rotta equatoriale
2 luglio 1937, Oceano Pacifico
Tentativo di circumnavigazione aerea su rotta equatoriale
Amelia Earhart è rimasta lì,
dove avrebbe voluto restare,
sospesa a mezz’aria
tra la superficie del mare
e le brezze del cielo
tra segnali radio disturbati
ombre di nuvole sparpagliate
e chiarore del mare
a confondersi con atolli piatti
a quota di crociera (con paura di gioia)
a metà strada tra
Lae e Howland.
Segnali radio – sporadici – rimandavano
Amelia
alla nostra memoria.
Finché dopo decenni la storia l’ha precipitata
sull’isola di Nikumaroro.
Lì le ossa sull’Electra l’anima
in volo sulla linea 157-337
per sempre sulla linea del sole
*
Dalla raccolta inedita Sopra vivenze
quando raggiungi la sommità ti prende quello stordimento
che a guardarli quei sassi che rimbalzano spinti giù dall’ultimo passo
a vederli quei paesi in lontananza che paiono pugni di luce nell’erba
a immaginarli quegli uomini nei rifugi che osservano il cielo dalle grate
ti impressioni per quanto tutto è piccolo e non manda rumore
è come se tutto di colpo apparisse illuminato nell’ascolto muto
DICONO DI LEI E DELLA SUA POESIA
Annalisa Rodeghiero (Da: Su di sesta e di settima grandezza, nota di lettura a Il gesto è compiuto, puntoacapo Editrice 2021)
La scrittura, ricercata e raffinata, commovente e meditativa, si pone al lettore come dono di sensibilità e gesto di profonda riflessione sul senso della vita e della morte. Una poesia che scende negli abissi in cui ognuno di noi potrebbe ritrovarsi nell’imprevedibile accadere e muove dal ricordo di eventi dolorosi. […] La sua scrittura sa pescare nella memoria, non tanto per trascriverla ma per trasfigurare la realtà… Una poesia potente nelle motivazioni, poliedrica nei contenuti, forte nelle parole di dolore e di gioia. https://alfredorienzi.wordpress.com/2021/11/26/adriana-tasin-il-gesto-e-compiuto-puntoacapo-editrice-2020/
Camilla Ziglia (Da: Su di sesta e di settima grandezza, nota di lettura a Fatti reali immaginari, Arcipelago itaca Edizioni, 2022)
Il linguaggio attinge dalle cronache il tono asciutto e oggettivo, ma si riveste di suono significante, allusioni ed ellissi, compone una musica propria con i giusti controtempi, gli scarti repentini, le pause; colpisce con colpi di frusta secchi e dritti al segno; dove si allarga il respiro e si addolcisce, viene preparata la scena, viene costruita l’affezione ai luoghi e alle persone, alla loro serena esistenza di subito prima. Su questo sfondo il colpo di flagello del destino, cui dà corpo la sentenza breve e lapidaria, il paradosso sospeso, il ritmo incalzante che lascia senza scampo. https://alfredorienzi.wordpress.com/2022/09/16/adriana-tasin-fatti-reali-immaginari-2022-arcipelago-itaca/
Alessandra Corbetta (Da: Almapoesia, nota di lettura a Fatti reali immaginari, Arcipelago itaca Edizioni, 2022)
[…] Tasin evita arzigogoli o diluizioni della parola mettendola, al contrario, al servizio del fatto: così come questo si manifesta nella sua nudità, declinabile molte volte come crudezza, allo stesso modo il verbum viene privato di tutto ciò che non è strettamente necessario e si fa voce secca, decisa eppure capace di commuovere; la raccolta, infatti, pur non cercando mai la scorciatoia del pietismo, sa pervadere la coscienza, mutare lo stato d’animo, invogliare a essere migliori. https://www.almapoesia.it/post/nota-di-lettura-a-fatti-reali-immaginari-di-adriana-tasin
Patrizia Sardisco (Da: Premio Bologna in Lettere, nota critica a Sopra vivenze – raccolta inedita)
Contro ogni legge fisica che il peso che porta detterebbe, e mentre la prosaicità del quotidiano strattona da ogni lato a dissuadere dal soffermarsi a cogliere comunioni, epifanie e stupore, il poeta, l’orecchio teso al buio sente «cose che nessuno sente» e non le abbandona alla dimenticanza, ma ne tenta semmai l’ardua scalata. […] La poesia può essere lo sguardo che salva, guadagnando orizzonte e respiro da una distanza verticale, per cui «cercare sempre/più in alto il grido», determina, per il soggetto lirico, la possibilità di dirsi «sporto sull’abisso» e di poterne nominare le profondità, le stratificazioni.” […]
ADRIANA TASIN E I POETI “INFLUENCERS”
Ho trascorso la vita a leggere prosa e ho cominciato a leggere poesia da pochi anni, con la conseguente difficoltà di non riuscire più a interrompere questo percorso di lettura bulimica. Nel tentativo di recuperare il tempo perduto ho acquistato e letto moltissimi libri di poesia che hanno in parte soppiantato nelle librerie e sul comodino i libri di prosa. Autori del Novecento, e ancor più autori contemporanei, mi hanno accompagnata in questo nuovo percorso. Ma è difficile, e non è produttivo, assimilare in poco tempo conoscenze. In questo però sono piuttosto ostinata e ci provo comunque. Spesso dopo aver letto i libri ne riprendo la lettura a distanza di tempo. Credo nell’associazione di idee che nasce dal confronto di letture diverse tra loro, non amo la cristallizzazione del pensiero. Penso che la mia scrittura, per certi aspetti poliedrica, sia figlia di questo percorso anomalo, non rettilineo. Non ho poeti “influencers”. Posso dire che amo in poesia i versi nitidi che attingono all’esperienza e alla quotidianità ma sanno guardare all’aspetto spirituale. Amo soprattutto la poesia che spiazza, che davanti a un’evidenza sa sorprendere e fa emergere verità. Amo anche la poesia civile e i versi “ruvidi”, non necessariamente musicali, a volte addirittura dissonanti. Amo l’ironia utilizzata in poesia, non il sarcasmo, la sua capacità di calare la tensione del tragico con leggerezza.
Nella poesia degli altri, sono incuriosita anche da ciò che si distanzia da me, capace di portarmi altrove.
Uno degli autori che più spesso rileggo – non per conforto ma per confronto – è Umberto Fiori che, come mi ha scritto tempo fa Tommaso Di Dio, “ha la capacità di scrivere sempre alla luce di una realtà tangibile.”. In dono ad Adriana e ai lettori di larosainpiu.org di Umberto Fiori, Contatti da Tutti, Marcos y Marcos editore 1998:
Lo vedi come sono
storto, contratto? Lo vedi questo piede,
quando mi siedo, come lo metto?
È tutto per lo sforzo, in tanti anni,
di non urtare le persone. Stretto
contro un sedile, dentro l’autobus pieno,
stare a posto, evitare
coi miei vicini
persino il minimo contatto.
Sulle panchine delle sale d’aspetto
o in treno, in corridoio, era una pena
ogni momento sentire sfiorarsi il buio
del mio ginocchio e del loro.
Ore e ore, giornate intere:
uno di fianco all’altro
stavamo, come i gusti del gelato
nel bar della stazione.
Di vero tra noi, di giusto,
lo spazio di due dita
era rimasto.
Adriana Tasin, nata a Tione di Trento nel 1959, si è laureata in Scienze Naturali all’Università di Bologna ed è stata docente di matematica e scienze alla Scuola secondaria di primo grado a Madonna di Campiglio, dove tuttora vive. Si è dedicata alla scrittura in forma poliedrica focalizzando l’attenzione sulla produzione poetica. Suoi testi compaiono in antologie collettanee, riviste e lit blog.
Nel gennaio 2020 ha pubblicato la sua raccolta poetica d’esordio, “Il gesto è compiuto”, con puntoacapo Editrice. L’opera ha ricevuto importanti riconoscimenti in diversi concorsi letterari, risultando in particolare tra i vincitori nei premi: “Cecco D’Ascoli” Opera prima 2020, Alberoandronico” 2020, “Tra Secchia e Panàro” 2021, “Città di Arcore” 2021.
Nel maggio 2022 ha pubblicato “Fatti reali immaginari”, con Arcipelago itaca Edizioni; attraverso la lettura di testi della raccolta poetica ha partecipato a festival ed eventi poetici.
Con sillogi inedite ha ricevuto negli anni riconoscimenti a importanti premi nazionali quali: “Lorenzo Montano”, “Arcipelago itaca”, “Europa in Versi”, “Bologna in Lettere”, “Gianmario Lucini”, per citarne alcuni.