FRANCESCA DEL MORO DELLA POESIA DICE

La poesia è la dimensione in cui mi sento più libera, autentica e creativa. “Qualsiasi fine estraneo all’opera è la fine dell’opera” sosteneva Marina Cvetaeva e ho sempre pensato che subordinare la scrittura a obiettivi quali successo, denaro, riconoscimenti rischi di compromettere l’originalità del percorso di ciascuno. Nella mia vita sono scesa spesso a compromessi, solo nella scrittura ritengo di non averlo mai fatto, solo lì ritrovo la mia dignità, i miei ideali intatti.

La poesia mi ha accompagnata nei momenti più difficili: le ho affidato il dolore più grande, la perdita di mio figlio, e i versi hanno agito come farmaci, insieme ai farmaci veri e propri, aiutandomi a sopportarlo. Ora che da quel giorno terribile sono passati due anni e mezzo e ho quasi smesso di parlarne con gli amici che tanto mi hanno ascoltata e supportata, ora che forse qualcuno mi crede fuori dall’inferno, scrivere mi permette di alleggerirmi deponendo ogni maschera.

La poesia è ciò che resterà di me quando me ne sarò andata, non la mia perché sarebbe davvero presuntuoso sperarlo, ma una biblioteca che sto a poco a poco costruendo e conta già qualche migliaio di volumi, alcuni rari, molti firmati e dedicati. Mi piacerebbe poterla unire a quella di altri appassionati in una sorta di lascito comune per l’istituzione di un fondo dedicato alla poesia contemporanea.

LA SUA POESIA CI DICE

inediti

Non a caso Iddio decise
di collocarci l’origine
in mezzo agli orifizi escrementizi.

A volte non basta una vita
per toglierci la sensazione
di essere residui,
di essere stati pisciati,
cacati nel mondo.

*
nascere vivere
dormire mangiare
cacare pisciare
muoversi respirare
accoppiarsi accoppiarsi
per figliare uccidere
uccidere per mangiare
uccidere per vivere
uccidere per istinto
morire

dio non ci perdona
lo scarto dalla norma

creare è roba sua
amare
qualcosa che non capisce

*
Sussurro al telefono
in treno, o almeno
così credo. Lei ascolta
per un po’ poi mi grida
che l’ho infastidita,
mi insulta e le dico:
bastava chiedere
con educazione,
risponde: perché
non ti butti dal balcone?
Già, perché? Guardo
le altre signore
intorno a me,
ho gli occhi lustri
e cerco un sorriso
che non arriva.
La sera ritrovo
in una manciata di parole
il disprezzo che conosco
mi addormento pensando
al mio corpo mangiato
dai cani, il mio corpo
finalmente utile, un corpo
che nutre, un corpo
gettato dal balcone,
la giusta conclusione,
così giusta che lo sa
perfino un’estranea.

DICONO DI LEI E DELLA SUA POESIA

Christian Tito su Gli Obbedienti (Cicorivolta, 2016). Questo è un libro che credo sia e resterà importante; gli auguro veramente di resistere alla prova del tempo. È coraggioso, come la sua autrice che, nello scriverlo, usa la poesia come strumento, tra i più precisi e preziosi, per leggere la realtà e restituirla al mondo nonostante buona parte del mondo (soprattutto quello che descrive) non la consideri come mezzo per riflettere su se stesso. Il suo sguardo clinico e, secondo me, a tratti, volutamente cinico (per una sorta di mimesi col soggetto-oggetto osservato) opera un’accurata descrizione del reale, in particolare della sfilacciata e desolante realtà umana che emerge dagli ambienti del lavoro ai tempi della crisi. Nel rendere questo servizio a nessuno o quasi, Del Moro lo rende in primo luogo alla propria coscienza. Credo che sia un atto quasi eroico; quantomeno è garanzia di una fede, di una vera vocazione, quella di scrivere, nonostante tutto, per onorare (a dispetto dei tanti usi distorti della poesia, oggi, nel mondo della poesia) quella che è la sua funzione più nobile: conoscere meglio il mondo, l’uomo che lo abita e come lo abita. https://perigeion.wordpress.com/2016/05/03/gli-obbedienti/.

Elisa Audino su Una piccolissima morte (edizionifolli 2017, ripubblicato nel 2018 come ebook nella collana Versante Ripido / LaRecherche) e La statura della palma (Cofine, 2019). Gira la testa a leggere i tredici canti e gira ancora di più quando si cerca la storia di ogni martirio e si percepisce la connessione esatta dei versi di Francesca Del Moro con le testimonianze storiche. Le tredici donne si spogliano e si lasciano travolgere dal supplizio invase dall’ardore ultraterreno, mantenendo una profonda pena per l’umanità che stanno lasciando. Perché mi fate così male?, sembrano chiedersi, perché fate questo a degli esseri umani? Francesca Del Moro, livornese e bolognese d’adozione, è scrittrice, traduttrice, performer e organizzatrice di eventi legati alla poesia. Nei canti si intravede quello stesso linguaggio mistico, inteso come annullamento del sé per ritrovare altro da sé (niente ho, niente posso, niente so, niente sono, altro chiedo) e sentirsene poi pieni, in una sorta di unione/fusione dei contrari, in cui l’oggetto del desiderio si raggiunge morendo, che si ritrova anche nell’altra raccolta citata, Una piccolissima morte. Un viaggio verso uno sposo che appartiene ad altri questa volta, uno sposo/amante che non viene mai del tutto nominato – come nella poesia mistica in cui Dio non si nomina mai del tutto – e dove quella piccolissima morte è il proprio annullamento, la spada che trafigge l’io poetico. È un’offerta a un massacro con tre chiodi/che mi tengono in croce, in cui all’amante si prepara la cena, si fa trovare la casa pulita, sistemata, con lenzuola che sembrano sudari in cui avvolgersi, e in cui l’estasi è tale che nell’amore ogni cosa risplende. https://www.lestroverso.it/il-canto-onirico-e-totalizzante-di-francesca-del-moro/.

FRANCESCA DEL MORO E I POETI “INFLUENCER”

La poesia è divenuta preponderante tra le mie letture poco più di dieci anni fa. Allora avevo già pubblicato tre libri di versi, debitori soprattutto di testi teatrali e di narrativa, e in particolare delle opere di Thomas Bernhard, Samuel Beckett e Sarah Kane e, tra i poeti, di Charles Bukowski e Charles Baudelaire, che avevo studiato approfonditamente per la mia tesi di dottorato e di cui avevo tradotto integralmente Les Fleurs du Mal. La pratica della traduzione isometrica ha influenzato profondamente il mio modo di comporre versi liberi curandone ritmi e sonorità.

Tra il 2006 e il 2011, anno in cui è mancato, ho avuto modo di frequentare il poeta Massimiliano Chiamenti, che aveva pubblicato come me con l’editore bolognese Giraldi. Sono rimasta subito folgorata dalla sua scrittura coraggiosa, appassionata, spudorata e cruda eppure pervasa di autentica umanità e dolcezza. I suoi versi hanno rappresentato per me una sorta di faro guida per svariati anni a venire. Di recente mi sono orientata sempre più verso forme brevi e in questo senso mi sono state maestre Anna Maria Curci e Martina Campi. Nel 2019 ho scritto un libro di canti dedicato alle martiri paleocristiane (La statura della palma, edizioni Cofine) sperimentando una forma per me insolita e ispirandomi in particolare ai versi di Mariangela Gualtieri e Marthia Carrozzo. In dono a Francesca e ai lettori di larosainpiu.org, di Massimiliano Chiamenti da Free Love, Collana di inediti E-book, edizioni Biagio Cepollaro:

23

pensiero

non ho più paura
di morire
né ho più voglia
di fare fotografie
rimarranno i miei versi
so che qualcuno
li leggerà
e mi rim-piangerà
troppo tardi
come avviene
sempre
con i morti
quando sono morti
e non possono tornare più
accanto
né parlare
né ridere


Francesca Del Moro è nata a Livorno nel 1971 e vive a Bologna. È laureata in lingue e dottore di ricerca in Scienza della traduzione. Ha pubblicato i libri di poesia Fuori tempo (Giraldi, 2005), Non a sua immagine (Giraldi, 2007), Quella che resta (Giraldi, 2008), Gabbiani ipotetici (Cicorivolta, 2013), Le conseguenze della musica (Cicorivolta, 2014), Gli obbedienti (Cicorivolta, 2016), Una piccolissima morte (edizionifolli, 2017, ripubblicato nel 2018 come ebook nella collana Versante Ripido / LaRecherche), La statura della palma. Canti di martiri antiche (Cofine, 2019) ed Ex madre (Arcipelago Itaca, 2022) candidato al premio Strega 2023. Ha curato e tradotto numerosi volumi di saggistica e narrativa e ha pubblicato una traduzione isometrica delle Fleurs du Mal di Baudelaire (Le Cáriti, 2010) e la traduzione dei Derniers Vers di Jules Laforgue (Marco Saya, 2020). Fa parte del collettivo Arts Factory e del Club Pavese+Tenco insieme a Federica Gonnelli e alla fondatrice Adriana M. Soldini, con le quali ha contribuito come traduttrice e performer ai cataloghi, alle opere di videoarte e alle performance di presentazione delle mostre collettive di arte contemporanea Scorporo (2011), Into the Darkness (2012) e Look at Me! (2013), nonché allo spettacolo Rose gialle in una coppa nera dedicato a Cesare Pavese e Luigi Tenco (2018). Propone performance di musica e poesia insieme alle Memorie dal SottoSuono, con cui ha inciso due brani inclusi nelle compilation Leitmotiv 13 (2013) e Leitmotiv 14 (2014) prodotte da Fuzz Studio e ha partecipato alla realizzazione del primo album omonimo (2016). Nel 2013 ha pubblicato la biografia della rock band Placebo La rosa e la corda. Placebo 20 Years, edita da Sound and Vision. Dal 2007 organizza eventi in collaborazione con varie associazioni bolognesi e fa parte del comitato organizzativo del festival multidisciplinare Bologna in Lettere.