CARLACCHIANI DELLA POESIA DICE

La poesia non so cosa sia, ma so che sin da ragazzino la inseguo; sono il suo indomito cercatore, non solo come impavido scrittore, ma anche come interprete risuonante asciutto, non teatrante. Il mio cammino VERSO lei è sempre stato solitario, da artista multimediale ai margini di una certa cultura rappresentativa e rappresentata; i miei studi irregolari e forse irrazionali, poco diligenti e costruttivi, non mi hanno aiutato. Ho sempre considerato elettivo il bisogno di crescere comunque in sensibilità. La poesia è sempre stata per me una vera donna, intelligente, bella attraente, affascinante, irraggiungibile. Il bisogno insopprimibile di possederla, nel tempo si è fatto più etereo, spirituale, consapevole, si è via via sublimato. La chiave è stata la perdita, forse totale, di un narcisismo incombente, di un io ingombrante che mi ha fatto scoprire le sue delicate ombre, la sua presenza-assenza, essenza seducente di pensiero apparente, ardito, spiazzante, sconcertante.

Lei, un mistero che guarda con pietà e passione l’enigma dell’esistenza; dètta, risponde ai perché della gente pensante. Il mio estenuante cammino, forse esclusivamente sensitivo, verso l’ignoto, questa creazione artistica che veicola lo schiudersi del mondo, pervade tutta la mia vita giorno e notte. Lei mi fa sognare ad occhi aperti: di notte non dormo per viverla, sentirla sul mio stesso cuscino respirare. In questo teatro dell’essere e non essere ci comprendiamo rispettando il principio della rivelazione che sa di obliquità, di fingimento, di verità, di contraddizione. Cerchiamo la sublimazione d’ogni istante ineludibile della vita, nel tedio, nella solitudine, nell’ironia, nel disincanto, nella gioia, nella malinconia. Insomma la poesia è compagna ideale, nel bene e nel male; nei suoi confronti, la mia è una tensione irriducibile, d’amore senza soluzione di continuità, a volte lacerante e aspra segnata perlopiù da sconfitte che non accordano rifugi, udienze. Ma nulla potrà mai raggelare il sogno, l’euforico entusiasmo d’averla veduta, scoperta, conosciuta, avuta anche solo per ubriaca illuminazione. Continuerò a camminare VERSO, a scommettere vanamente tutto su me stesso, l’identità sconosciuta, persino l’io più profondo, per cercare d’essere degno di starle accanto, di lato, tatuare l’assenza, insanabilmente la pelle, chiosare privo d’inchiostro e penna, i miei, i suoi passi oscuri.

 

LA SUA POESIA CI DICE

Vorrei leccarti il dito   https://youtu.be/dmJQ1OXjQ1E

Perché mi chiedi come sto
sai che sono già moribondo
in esilio da te amore mio
ti sogno ogni notte sei la vita
legata a un’incantata serenità
un idillio luminoso ed equilibrato
sei componimento sommo realizzato
il fiato che di notte si fa sentire vicino
al cuore che resiste involontario attonito
sospeso in attesa della grazia ma disgrazia
incombe e ho bisogno di sentirti mia di baciarti
di averti tra le mie braccia tu sei l’unico dottore
amore che mi prolungherà questa strana esistenza
sei l’essenza il pensiero unico fisso che mi conforta
sei la torta dolce che vorrei tagliare e leccare sul dito.

 

Il cuore nel surgelatore    https://youtu.be/oI8Sa3vTZTo

L’impressione di una vita riposta
nel garage l’auto la bicicletta
nel carica batterie la batteria
la fantasia poco lucida nella
scarpiera negli astucci tutto
tranne che gli occhiali da sole
le parole nel cassetto vietate
con pianti fazzoletti e orologi
fermi da tempo assai inceppato
impietrito lo sguardo gelato
dentro l’anima con il dolore
l’amore e i sogni sul cuscino
in frigo la speranza scaduta con
i mezzi sorrisi vicino l’acqua il vino
il santino protettore il cuore nel surgelatore.

 

Mi fingo poeta   https://youtu.be/26EDk2l0q24

Passo intere giornate a scrivere
a fingermi poeta facendo scempio
delle parole senza alcun ritegno
quando poi annotta e crolla questo
fragile mio regno torno al solito ruolo
quello di portavoce della poesia vera
espio una mera pena che m’infliggono
i poeti incazzati laureati di solito risibile
mi sgridano anche i più acclamati conosciuti
quelli che scrivevano in maniera incomprensibile.

 

DICONO DI LUI E DELLA SUA POESIA

Franca Alaimo. Sergio Carlacchiani: una personalità extra-ordinaria.

La poesia di Sergio Carlacchiani è innanzitutto l’autoritratto di un uomo che si percepisce come un titano in lotta contro la mediocrità, “astrale inascoltabile inconsentibile”, a volte acceso da furori e sdegni che lo spingono a ricorrere anche alla più triviale coloritura linguistica che gli fa definire la società attuale “una cacata riempita di danaro”; a volte circonfuso dalla grazia dello Spirito Santo, tanto da parlare con i morti e gli angeli. I temi privati, quelli pubblici o storici s’intrecciano e sovrappongono nella forza di un tono perentorio, che rivela una postura etica severa, a volte assillante e tuttavia non esente da turbamenti emotivi: la morte del padre, il difficile rapporto con il figlio (“Non riesco più ad amarti come sei/ bambino adulto che frigni ancora”), la consapevolezza della propria diversità, la volontà di sposare in pieno la propria missione di attore al servizio dell’arte della poesia: “sarà la mia voce rauca lei/ portatrice di magia e bellezza/ nei vasti luoghi ad incarnarsi/ a pellegrinare sparire in versi”.  Da anni, infatti, Sergio Carlacchiani presta la sua voce ai versi dei poeti più amati, recitandoli con un trasporto emotivo che racconta soprattutto il traboccamento dell’amore per l’arte della recitazione che “osa non rientra / in nessun cassetto il suo/ spirito furibondo sogna…/ illuminazione folgorante/ profetica ribelle disperata…dal mondo non sparirà”. Perché, infine è questo che lo travaglia: il desiderio d’assoluto, di gloria e di eternità. Forse per questo motivo egli preferisce le ore notturne quando “gli altri dormono” mentre per lui “si accendono le luci” e sente “le voci qua dell’aldilà”. Sergio, insomma, si autoincorona come fa anche Emily Dickinson, si alza in volo verso spazi metafisici. Eppure la sua tempra sanguigna d’uomo è legata alla terra della cui bellezza gioisce descrivendola in versi limpidi e delicati come questi: “Il cielo sussurra/ ha la sua voce/ limpida azzurra”; così come ai sensi, tanto da scrivere per la sua donna poesie di potente erotismo: “Quando la bellezza si offre/ suggere la voglio tutta da quei/ capelli sino all’incanto dei seni/ sull’ombelico concavo gustoso/ poi scendere sino agli inguini/ al frutto più intimo scandaloso”.  Perfino la mancanza della punteggiatura, che ormai dilaga nella poesia contemporanea, in questo caso rivela la passionalità di una scrittura che fluisce in libertà come un fiume straripato dagli argini. Eppure in tanta possente pronuncia del proprio io non mancano i cedimenti, le crepe del cuore, i dubbi, le contraddizioni che, anziché smentire, rafforzano l’umanità di Carlacchiani che scrive: “Indenne non sono dai turbamenti/ è la mia umorale moltitudine/ l’azzardo con cui convivo”. Carlacchiani, insomma, è un uomo senza mezze misure e vuole essere amato senza mezze misure: è questo che chiede ai suoi lettori con l’insistenza di un affamato, con la sfrontatezza di un bambino, con la perentorietà di una personalità geniale.

Claudia Piccinno. Nota critica sull’estro poetico artistico di Sergio Carlacchiani.

C’è una forte spiritualità nei componimenti di Carlacchiani, c’è una spinta introspettiva prepotente che mette in primo piano l’anima e l’autorizza al dialogo inchiesta con Dio. Il nostro artista versatile, autore, pittore, poeta, direttore artistico, è anomalo in questo panorama contemporaneo perché non ha timore di mostrare la sua autenticità, non ha velleità di passerella e non nasconde le sue fragilità. Vi è l’uomo in questi versi, il compagno: “Ogni giorno un nuovo inizio/ un vizio che non voglio bonificare/ sei tu amore”, il padre, ma soprattutto vi è Sergio figlio che instaura un fil rouge col padre celeste e il padre terreno che Carlacchiani ha perso di recente. Quest’inverno che mi auguro / stia per finire è stata una guerra/ ha strappato mio padre dalla terra. Conosce bene quella che io chiamo liturgia dell’imperfezione e ci convive tra estro e sensibilità senza fingere di essere un altro, ma Amo do Mio. “Gli amici anche i più traditori/ come gli amori non si estinguono mai/ basta non rinnegarli e ripensarli”. Nel titolo Amo do Mio si cela il senso della raccolta che, pur non comprendendo poesie coeve, nate cioè nello stesso periodo di tempo, si connota all’insegna di due concetti chiave: l’amore e la fedeltà a sé stessi.

Il linguaggio oscilla tra un registro colloquiale ed uno filosofico, lo stile tra l’invettiva e la preghiera, nel mezzo c’è l’uomo artista che è un tutt’uno, non scende a compromessi e ne va fiero: “l’anima dell’artista muta sta/ incorporea incorruttibile al/ sommo della sua speculativa/ forza che ravviva ogni cosa”. E ancora: “solo l’anima evade vera / densa astratta leggera / da questo basso fortilizio”. Le stesse impetuose ipotesi di indagine e ricerca spirituale io le ravviso nei suoi dipinti, nelle pennellate decise che hanno sollecitato il mio immaginario tanto da farmi comporre dei versi dirompenti che ho prodotto senza controllo. A Sergio Carlacchiani mi lega una profonda stima e gratitudine perché uno dei miei libri ha una sua opera come immagine di copertina, con questa mia breve nota posso ora ringraziarlo ufficialmente per la sua generosità nel divulgare bellezza.

 

CARLACCHIANI E I POETI “INFLUENCERS”

Forse mi hanno influenzato tutti e nessuno; comunque sono un solitario e abbastanza abituato a fare da me: leggo come, quando e quanto mi pare la poesia musicale ed essenziale, breve. Non subisco la volontà dei poeti amici e non che mi propongono la lettura intera del libro, attingo qua e là e so quel che voglio e mi piace; con loro mi relaziono poco, lo faccio di più con quelli defunti che di notte spesso mi vengono a far visita. È indubbio che Giacomo Leopardi e Alda Merini, Eugenio De Signoribus, per svariate ragioni che non sto qui a spiegare – sarebbe troppo lungo – sono tre poeti dai quali continuamente attingo ispirazione, energia umana e creativa. Altri potrebbero essere: Petrarca, Tasso, Shakespeare, D’Annunzio, Lautréamont ,Govoni, Baudelaire, Dickinson, Pessoa, A. Pozzi, Cardarelli, Ungaretti, Montale, Campana, Scotellaro, Gatto, Sinisgalli, Luzi, Plath, Pavese, Piccolo, Caproni, A. Rosselli, Pasolini, Bukowski, Wislawa Szymborska, Merini,  De Signoribus, Magrelli, Calandrone e molti altri.

In dono a Sergio e ai lettori di Larosainpiu, di Eugenio De Signoribus, Dove da “Altre educazioni”, Crocetti, 1991.

dove si culla il seme tatuato
di code anfibie gialle e nere
che nascondono i volti, se li hanno…

all’ombra di radici familiari
in quale ansa tempestosa sboccia
nell’inflorescenza degli anni

la filacciosa violenza simulacra,
colorazione accesa delle acque
che poi traversa nelle rapide menti…


Sergio Carlacchiani è nato a Macerata nel 1959, vive a Civitanova Marche. È attore, regista, doppiatore, poeta, performer e pittore. Direttore artistico di varie rassegne teatrali, si è occupato di poesia lineare, visiva, concreta, sonora, di mail art e performance art. Ha scritto diversi libri di poesia e creato libri/oggetto. Si è formato in seguito, come attore, presso la scuola del Minimo Teatro di Macerata. Ha conseguito il diploma d’impostazione e uso della voce e tecnica del doppiaggio cinematografico. Ha performato in Italia e all’estero ed è stato protagonista di diversi spettacoli e recital dedicati ai maggiori poeti mondiali.  È stato per anni voce ufficiale di Casa Leopardi, del Centro Studi Leopardiani e del Centro Mondiale della Poesia di Recanati. Il poeta e attore ha un canale su You Tube che può contare su 3000 iscritti e sino a oggi è stato consultato da 2 milioni di visitatori che possono gratuitamente ascoltare circa 15.000 sue interpretazioni registrate dal vivo o in studio che danno voce a poeti, scrittori, filosofi, dall’origine dell’umanità ad oggi, di tutti i paesi del mondo. Sergio Carlacchiani da pochi anni ha ripreso a scrivere poesie e anche se la sua produzione è vastissima (più di mille testi contenuti in varie raccolte), è dal 1983 che non ha voluto più pubblicare. Potrebbe essere giunta l’ora di farlo? Diversi poeti, amici e non, critici e operatori del settore, si stanno incuriosendo della sua poesia, chi la legge, chi la recensisce, chi con entusiasmo, la vorrebbe pubblicare o veder pubblicata.

Blog:  sergio-carlacchiani.blogspot.com       

Ph Gianfranco Mancini