Lettera aperta di Maurizio Soldini a “Quintessenza” di Maria Grazia Galatà

Cara Maria Grazia,

è passato un po’ di tempo. Ma in questa contingenza, triste contingenza, ho avuto modo di mettere in pari tutte le letture tralasciate per il tran tran di quel tempo che divora le nostre esistenze. Ho letto “Quintessenza” e ti sono grato per avermi dato la possibilità di leggerti. Mi chiedi se mi è piaciuto il libro. Di più. L’ho sentito molto vicino al mio modo di vedere la poesia, che ritengo necessiti di essere parola, sia nel momento del significante sia nel momento del significato, che si staglia su una dimensione di senso senza essere scontata ma appigliandosi allo zoccolo duro dell’allusività che conduce dagli enti alle essenze. E tu parli per l’appunto di “quintessenza”. Ripeto. Ho molto apprezzato la tua poesia e l’ho apprezzata soprattutto per quel respiro poematico che trascende la realtà nelle more di muoversi da una dimensione fisica alla privilegiata metafisica. Il tuo dettato dice che sei poetessa di lungo corso. E la tua acribia linguistica mi fa vedere in te una delle migliori voci che si ascoltano in questo momento.
Grazie ancora.

Un abbraccio

Maurizio Soldini

 


senza peso specifico o
il turbamento dei respiri
bloccati – dimmi
dimmi quando finirà
questa abitudine
all’abitudine
la solitudine del mare
nel palcoscenico di volti

dimmi quando finirà
questa abitudine
all’abitudine
di un gioco nel giorno
senza fine perché
quando torno a raggiungerti
l’orizzonte è lontano
tra le trame di un velo

nel vento forse
al terzo atto di una commedia
senza senso