“LI’ UN TEMPO FIORIVA IL MIO CUORE” DI FILIPPO D’ELISO
RPLIBRI EDITORE, 2020
Un’ esplosione dei sensi.
La prima impressione che suscita la raccolta di poesie del nostro autore, artista polivalente e attivamente impegnato su più fronti, anche se, quello musicale sembra essergli più consono, per gli studi fatti e per inclinazione naturale direi, è quella di una eruzione improvvisa, esplosiva di un magma interno di emozioni, di sensazioni, forse troppo a lungo represse. Colpisce subito, infatti, la forte carica emotiva delle espressioni, congiunta e giammai disgiunta ad alcune tematiche ricorrenti proprie dell’IO e dell’ANIMA che analizzeremo in seguito più in dettaglio. Qualcosa si potrebbe dire già dell’esergo inziale, frase di origini dubbie e di dubbia attribuzione, ma quello che ci interessa non è tanto la diatriba su attribuzione o veridicità, ma piuttosto, il significato intimo: l’uso improprio dell’intelligenza, o dovremmo dire piuttosto dell’EGO che allontana l’uomo dalla vera sapienza, concetto intriso di significati forti e in cui si intrecciano elementi religiosi e filosofici. L’approfondimento di queste osservazioni ci allontanerebbe dall’analisi poetica e, quindi, proseguo nella lettura del libro in questione. La prima poesia ha per titolo “Stelle del cielo” e questo non deve meravigliarci perché le stelle, l’universo, la componente astronomica è sempre presente, come presente è una “melancholia” che permea e invade tutto. Apro una breve parentesi: La discussione fra gli “Autori” e i commentatori è e sarà eterna, e solo in un caso si può giungere alla verità, cioè quello in cui si può chiedere direttamente all’autore cosa ha voluto effettivamente esternare, o se ciò che ha voluto effettivamente esternare coincide con quello che il lettore e/o recensore ha percepito. Nel nostro caso specifico, chi come me ha la fortuna di conoscere e di essere amico del Nostro potrebbe magari meravigliarsi per un attimo di questa malinconia e di questo dolore espresso quasi in tutti i testi, vista la solarità e la frizzante energia e voglia di vivere che egli emana coinvolgendo chi gli sta accanto. Ciononostante, non dobbiamo meravigliarci, anzi questa è la riprova che la struttura dell’animo umano è sì complessa e variegata, che non sempre magari quello che affiora in superficie lascia trasparire ciò che è celato dentro, a parte il fatto che la coesistenza di stati d’animo sì diversi credo facciano parte di ognuno di noi. Tornando a “Stelle del cielo” devo dire che colpisce questa ampiezza di parole e contenuti dove alla bramosia della pace si associa una richiesta di “contenimento” del dolore, ma è soprattutto l’ultimo verso che fa riflettere, “nella speranza di amare la vita” e questo per chi conosce l’autore è veramente sorprendente. Ma altri esempi non mancano, “Miserabili pellegrini” … “voi disprezzate la vita”, “Nel cortile della scuola”, luogo solitamente allegro (specie il nostro) … “tu sola comprendesti che la solitudine era entrata nella vita senza affetto” … “Al sognatore” … “umane miserie” tema sempre ricorrente … “Tu, nel dolore, non fingere di amare la vita” e molti altri. Chi non conosce di persona l’autore potrebbe seriamente pensare e, con ragione, a una persona che non ama molto la vita e in procinto di commettere atti insani. In mezzo a tanto pessimismo c’è comunque, e non potrebbe essere altrimenti, un anelito di vita imponente, una speranza a cui aggrapparsi, un anelito a un intervento “esterno” che, a prescindere dal fatto che possa avere o meno una connotazione religiosa (poco importa), possa giungere in soccorso di questa umanità dolente e preda delle proprie “miserie”. Altri aspetti affiorano proseguendo nella lettura, non trascurerei per esempio una forte attenzione “ecologica” e di salvaguardia della natura: “Lì un tempo fioriva il mio cuore”, “L’alga” …. “Ma se sto morendo, giorno dopo giorno, intossicato dall’aria e avvelenato dall’acqua divento alga, un filo d’erba sbattuto dal mare nel mistero del destino”, versi di struggente bellezza. Non mancano comunque, anche se un po’ nascosti e non sempre individuabili, segnali di speranza e di rinascita, ma, e ciò mi sembra interessante, quasi sempre affidati a qualcuno dall’esterno. “L’attesa” … “Sono un uomo che sogna oltre la siepe un ritorno alla terra” … “Tristezza” … “mi sento un bambino nel rosso della sera, dove il tramonto è solo l’inizio dell’alba”. “Afrodite” … “Che io possa rinascere con te dalla tua schiuma, come luce dall’eterno buio” ... Come non citare poi, “Il suolo natio” … “in me la gioia, in me il dolore”, verso esemplificativo forse dell’intera opera, anche se il dolore sembra avere una parte preponderante. Ragionando in termini puramente poetici è opportuno soffermarsi sulla splendida “Nei tuoi occhi”, quivi l’afflato poetico raggiunge il suo punto più alto: “Colori di sofferta attesa, vibranti e vaghi. Orli e profili che la sola notte dona, col silenzioso Impeto della carezza, sciogliendo la luce della non più celeste volta in un sospirato abisso.” Non mancano in essa reminiscenze ed influenze tardo romantiche e crepuscolari, ma tutto il libro è una combinazione, un miscuglio dove si inseguono e si intrecciano elementi di natura sì varia, una esplosione di un “lava” incandescente, formatasi alchemicamente con la fusione di concetti, e dove a volte si fa fatica ad individuare una linea logica, ma probabilmente tutto ciò costituisce, ove mai ce ne fosse bisogno, la prova più autentica di una genuinità, di una freschezza, di una sincera estrinsecazione della “virtus” poetica.
Vincenzo Postiglione
***
Coscienza
Cosa potrei raccontare
a me stesso se non potessi sentire
più̀ il tormento?
Questo brusio di foglie
che fanno ombra alla luce del sole
tramontata svanisce a poco a poco.
Non vedo più̀ dove si perdono
le urla: certo non oltre l’azzurro.
E voi, impavide nubi
perché il vostro silenzio
è così mortale? Possano
le vostre acque bagnarmi l’anima
deserta.
Non rimane che la fioca luce
di uno sguardo tra monti e distese,
lì un tempo fioriva il mio cuore.
***
Stelle del cielo
Stelle del cielo
erranti
nell’immenso spazio
indifferenti
al mondo umano
logorato dal tempo
viziato
dai miseri mortali
bramosi di basso potere
mostratemi la via che porta alla pace.
Io con audace sforzo
cerco di lenire il dolore
di un destino crudele.
Stelle del cielo
spezzate
i sentimenti dell’odio.
Questo è quello che chiedo
nella speranza di amare la vita.
***
Respiro
La luce svanisce e dietro i monti
il sole prelude alla sera.
Il respiro si fa più̀ corto
e nell’aria mortale il cielo si ricopre
di splendori nuovi
mentre coi lenti passi
l’oscurità̀ si fa strada
sui nostri sentieri.
Il canto fa degli uccelli
l’unica speranza del domani
anche se nessuno sa
se ci sarà̀ ancora vita.
Filippo D’Eliso è nato a Baragiano (Potenza) nel 1964 e vive nel casertano. É composito- re esperto degli aspetti interdisciplinari della Composizione Musicale in Ambiente Infor- matico. Diplomato in Musica Corale e Dire- zione di Coro, Composizione e Musica Elet- tronica, si specializza in Musica e Spettacolo. Elabora musica della tradizione per il teatro. Opera con consulenze e assistenze musicali, ed elabora orchestrazioni, arrangiamenti, di- gitalizzazioni, programmazioni al computer e composizioni originali per importanti rea- lizzazioni discografiche e cinematografiche. Svolge attività di ricerca.