partiture di pelle

La parola perforante di Mattia Cattaneo

Il poeta irlandese Seamus Heaney usava la metafora dello scavo per definire la sua poesia, tanto che in uno dei suoi saggi (Feeling into Words) dice di averla dissotterrata, immaginando la penna, “aderente come arma”, simile ad una vanga che affondi nel grembo della terra.
Con la stessa ritualità dolorosa Mattia Cattaneo riporta alla luce, insieme alle radici sepolte e alle memorie infantili, il suo sé più dolente usando la parola come strumento perforante (dorme in gola / questa parola che perfora), come, appunto potrebbe essere una vanga: le nostre dita / sembrano svangare / la terra.
Si tratta di metafore, piuttosto che pensate, spontaneamente affioranti da quella serie di oggetti che affollano il teatro iconico della propria infanzia, legate, sia nel caso di Heaney che in quello di Cattaneo, all’ambiente rurale.
«Quei primi anni – scrive Heaney – della mia vita li trascorsi in un ambiente che trasmetteva tranquillità e sicurezza … una piccola fattoria, una campagna ermeticamente chiusa alla modernità», e allo stesso modo, quando Cattaneo pensa alla sua infanzia, accende i suoi versi dell’oro delle spighe mature, del profumo dei rovi selvatici, d’aranceti in fiore, o di quello del mare accarezzato con piccole / mani. La sua fronte resta idealmente appoggiata da sempre alle porte / della casa materna, alle sue stanze / dipinte a mano, nido e utero in cui si vorrebbe tornare, ché ormai, sepolte l’infanzia e la madre, ciò che circonda il poeta è l’ordine disfatto delle cose; un mare sconnesso, senza porto felice … un coma sfinito.
Ecco accadere, allora, un’originale, quanto risolutiva identificazione della poesia con la figura archetipale della maternità, della quale assume la funzione lallante di rinominazione e rifondazione affettiva del mondo e quella di accoglienza confortatrice. Spesso, infatti, è difficile scindere la Musa dalla Madre: esse giungono insieme, quasi avvinghiate l’una all’altra, suadenti, urgenti, salvifiche.
È la scoperta della propria vocazione, ossia di quella possibilità di compiere con le parole un’analisi dell’esistenza attraverso i propri poli gravitazionali, mescolando insieme esperienze e simboli, terra e cielo, visibile e invisibile. Per farlo la Poesia gli mette a disposizione la sua innata ribellione alla disciplina della parlata quotidiana. E Cattaneo ne coglie immediatamente le molte possibilità espressive: abolendo la punteggiatura, rende aperto il senso, lasciando al lettore la libertà delle pause o dei legami fra le parole, crea incontri impossibili e a volte urticanti, ed è probabilmente in questa peculiarità del suo stile che è da rintracciare la ferita, lo stigma di un disagio sia personale che epocale.

Franca Alaimo

è ora
di tornare
in quest’aria di abbandono,
tra labbra dure
che suonano male
e ad accarezzare il mare
non ho che poche,
piccole,
mani

resterò
sul greto
dove l’acqua ruota
nel dorso d’un pianto

t’ho
vista allungare la notte.

*

corro tra spighe,
è così semplice il grano,
e sospendo il volo
in questa pianura
profumata dai rovi selvatici

è un travaglio
pensare di non cadere nei greppi
ma la mano della terra
d’aranceti in fiore
muta il suo corso.

*

cadono a stento
le mani,
nei riflessi di brace
di sere soffiate,
strade
che sembrano sfinite
a oltranza curano i passi

spalanco porte
dalla casa materna
per appoggiarvi la fronte:

tu vedi dal tramonto
che dissangua.


Mattia Cattaneo è nato nel 1988. Laureato in Scienze della comunicazione, ha tenuto alcuni laboratori teatrali per le scuole primarie. Con l’attore e poeta Carlo Arrigoni ha dato vita all’associazione artistico-teatrale Architetti delle Parole. Ha pubblicato tre sillogi poetiche: Dritto al cuore (2016), La luna e i suoi occhi (2017) e Tracce di me (2018) secondo classificato al Premio nazionale Polverini, sezione poesia ellittica. Nel novembre 2018 viene pubblicato, in self, il suo primo romanzo storico-sentimentale E le stelle brillano ancora.
Nel 2019 si classifica primo al Concorso poetico Isola blu – VI° edizione, e al Concorso Note letterarie, sezione raccolta inedita. A settembre 2019 pubblica, sempre in self, il suo secondo romanzo Dove sento il cuore e la silloge poetica Sarò Notte o forse inverno.
Nel 2020 ottiene il terzo posto con la videopoesia Le brezze spirano al Premio VIDEOVERSI dell’International Film Tour Festival, nel 2021 la targa d’onore al Premio Merini (Accademia dei Bronzi) e la menzione d’onore sezione videopoesia al Concorso Per troppa vita che ho nel sangue – Antonia Pozzi. Gestisce il gruppo facebook Circolare Poesia e conduce una trasmissione radiofonica dedicata alla poesia sull’emittente bergamasca Pienneradio.
Partiture di pelle è il suo ultimo lavoro poetico, edito Architetti delle Parole, 2021.