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Per la tua, la vostra noia terrestre
sono emersa dall’acqua.
Perché non sapete restare di faccia all’abisso
e scappate e seguite la mia voce voragine.
Legge naturale è smarrirsi
per vostra profonda natura
sentite il richiamo
dell’essere persi per sempre.
Perderò la mia voce
per potervi tenere come il più grande dei segreti.
Solo guardarmi negli occhi è ritornare
nell’esatto luogo dove
per la prima volta e senza fine
avete smarrito la rotta
e siete davvero, per poco, esistiti.
*
Non si esce sempre indenni dal passato,
e il dolore nostro è quello accolto
dalla prima stirpe umana,
da chi diede nome all’ombra, all’acqua, agli animali
per parlarne senza aver bisogno di indicarli,
così si fa la vita ed il tormento,
in questo voler dire ciò che manca.
*
C’è una prima colpa nel perdere
la propria giovinezza,
quella colpa per sempre ci somiglia.
È tutto un ripetersi il resto
da lì si lascia andare ogni cosa,
le gambe, le mani
tranne la voce più forte di prima
per dire, alla fine, perdono,
chi siamo.
*
Parsifal
Fra tutti i silenzi terrestri
il tuo era quello che manca
per poco il destino,
sentivi l’odore animale della paura
e non domandavi.
Il mio precedeva qualcosa
era il silenzio di chi si è deciso
a svelare un segreto,
di chi poi non lo svela.
Era la pioggia senza la pioggia che cade,
il vino nel bicchiere
senza il suono che lo versa,
la porta si apre ed era proprio lui, proprio lei
che stavate aspettando
e non ne avete riconosciuto il passo.
È che la vita, così, senza rumore
pare sempre sul punto di avverare
e potrebbe non farlo per altri vent’anni.
Puro, folle eroe, non hai riconosciuto,
non hai chiesto
e non fa differenza,
se il silenzio non svela,
non apre all’incanto
la voce si perde per sempre.
*
Tutte le terre emerse
quelle che un giorno emergeranno,
la freschezza che ho del mare,
questo tutto prendete
godete come del sole fuori dall’acqua.
Quello che resta sarebbe un fastidio
la penombra avuta in sorte come un nome,
mi spaventa a volte
la beatitudine che s’alza
dal pavimento della casa.
Mai nessuno mi farà così felice
come una stanza quando è vuota.
Deve essere così, credo, morire,
solo vivere senza essere guardati.
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Ivonne Mussoni, Sirene, prefazione di Dacia Maraini, Giulio Perrone Editore, 2021

Ivonne Mussoni è nata a Rimini nel 1994. Si è laureata in Italianistica e Culture letterarie europee presso l’Università di Bologna. Ha pubblicato la plaquette A un quarto d’ora d’universo (Heket, 2013) e le raccolte poetiche La corrente delle cose ultime (Giulio Perrone Editore, 2017) e Sirene (Giulio Perrone Editore, 2022, finalista al Premio Carducci 2022). Sue poesie sono presenti nell’antologia Centrale di transito (Giulio Perrone Editore, 2016) e in Abitare la parola. Poeti nati negli anni Novanta (Giuliano Ladolfi Editore, 2019). Dal 2016 al 2019 è stata assistente alla direzione artistica del festival Parco Poesia.