la finestra dei mirtilli

FERNANDO LENA / DAÌTA MARTINEZ

LA FINESTRA DEI MIRTILLI

Va innanzi tutto detto che l’operazione è interessante oltre che riuscita, con l’unione di due voci spesso profondamente diverse, ma ambedue con la passione della sperimentazione come cifra instancabile dell’espressione poetica.

L’uno, Fernando Lena, amalgamando il dolore del passato e del presente in un unico flusso in cui emerge una sorta di nostalgia di se stesso, e in questo senso è significativo il titolo di una delle prime raccolte dell’autore: “Nel rigore di una memoria infetta”; l’altra, Daìta Martinez, frantumando i suoi versi per meglio recepire la voce delle abituali cose che la circondano, le quali richiedono un dolce impasto di italiano e di dialetto per dare migliore attualità alle parole, ma soprattutto alle pause che alla fine invocano una sorta di improbabile silenzio: nun vogghiu diri cchiù nenti / nun c’haiu cchiù nenti da diri” (Daìta) e “La prima volta eri parola per aiutarmi a dire silenzio” (Fernando).

In realtà siamo in presenza, più che di un dialogo, di un’affettuosa sfida, che soltanto il rassicurante messaggio emanato da una dolce finestra di mirtilli vale a placare.

Daìta a volte sembra volersi sottrarre alla sfida (“nun scriviri / nun sugnu ncipriata / e li paroli stannu / dintra a na vugghia” e poco dopo, con tono imperativo: “statti mutu / a prucissiuni sta passannu”) appellandosi infine all’imperio dello scorrere del tempo (hanno tremore i ricordi nell’impressione di una cerniera rotta / ’a lassu r’accussì / iu / comu stu roggiu / ca liberu camina”), ma Fernando non accetta queste fughe (la prima svista è stata / voltare le spalle al tempo / senza ascoltare quei minuti / accorsi per l’eterno”).

Quello di cercare le corrispondenze è in verità un gioco, anche piacevole, che si può fare a lungo, ma alla fine risulta nulla più di un gioco, anche se vale a cogliere meglio contesti poetici a volte difficili da penetrare. Questo libro a due voci, infatti, va apprezzato per le atmosfere che ci dona, atmosfere che anche la diversità delle voci amplifica e assicura.

Biagio Balistreri